Charlie è nato 10 mesi fa affetto da mitocondriopatia, una grave e rara malattia genetica, per la quale attualmente non esiste cura.
E’ ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra dove nelle ultime settimane una risonanza magnetica ed altre analisi hanno evidenziato danni irreversibili al cervello.
Il diritto inglese sull’accanimento terapeutico dispone l’obbligo dei medici di interrompere le cure quando l’eccezionalità dei mezzi impiegati non risulta funzionale allo scopo medico.
L’unica “cura” somministrata a Charlie è la ventilazione artificiale definita concordemente “life support” e ci si chiede se questo possa essere classificato come accanimento terapeutico.
I genitori di Charlie hanno chiesto all’ospedale di mantenere (e di non interrompere) il trattamento di ventilazione artificiale che consente al piccolo di vivere.
Quindi l’ospedale sul quale incombeva l’obbligo giuridico di sospendere la ventilazione, di fronte alla ferma opposizione dei genitori ha chiesto al Giudice britannico di “dichiarare pienamente lecito e nel miglior interesse di Charlie che si interrompa la ventilazione artificiale” e di dichiarare legittimo il rifiuto di consentire al trasferimento di Charlie negli Stati Uniti per essere sottoposto ad un nuovo trattamento sperimentale.
Il tribunale ha quindi dovuto bilanciare il contrasto tra la volontà dei genitori e il dovere giuridico dei medici secondo “the best interest of che child” cioè il diritto del bambino a vivere una vita che possa essere definita degna e lo ha dovuto fare escludendo i genitori perché secondo l’art. 16.3 del Family Procedure Rules nel caso in cui vi sia incertezza sul miglior interesse del fanciullo, si nomina un Guardian che lo rappresenta come parte processuale.
Il Giudice britannico di 1° grado ha dichiarato l’accanimento e l’appello ha confermato la decisione.
L’applicazione della decisione è stata sospesa perché i genitori hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo per il mantenimento della respirazione: la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso confermando la piena competenza delle corti britanniche a decidere sul caso in questione.
La Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è un tribunale internazionale che non fa parte della Unione Europea (a differenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea) e di cui fanno parte molti stati non europei compresa la Russia.
Le implicazioni etiche, morali, politiche e religiose riconnesse ad un caso simile, che tocca le corde più profonde di ciascuno, non può essere risolto se non con una profonda ed intima riflessione alla quale spero di aver contribuito con la piana esposizione dei dati di fatto più salienti.
Da ultimo ricordo che della legge sulla fine vita in Italia si è cominciato a discutere alla Camera il 13 marzo 2017 in un’aula praticamente deserta (presenti solo 20 deputati). L’approvazione, con mille compromessi, è arrivata il 20 aprile 2017 ora giace in una commissione del Senato.